giovedì 17 novembre 2011

Screenshot certificati, depositi e prova dei diritti di proprietà intellettuale: un po’ di chiarezza

1. Introduzione

La diffusione capillare della rete internet, com’è noto, ha generato nuove ed interessanti problematiche giuridiche, con particolare riferimento alla tutela della proprietà intellettuale in rete. La questione oggetto della presente trattazione consiste nell’analisi delle forme di protezione attuali per verificare se le nuove tecnologie possano o meno fornire forme equipollenti di protezione e lo specifico valore, anche probatorio, delle stesse.

In particolare, si tratta di comprendere se la creazione di uno screenshot, eventualmente certificato, di una pagina web ovvero la validazione temporale di un file, siano suscettibili di “provare” a tutti gli effetti di legge la nascita di un diritto di proprietà industriale.

Per rispondere al suddetto interrogativo, occorre preliminarmente analizzare brevemente le norme di legge in materia di deposito dei diritti di proprietà intellettuale.

2. Le forme di deposito previste dalla legge

Nell’ordinamento giuridico italiano, infatti, i diritti di proprietà intellettuale – categoria che ricomprende al suo interno sia i diritti di proprietà industriale (marchi, brevetti, design, etc) sia il diritto d’autore e i diritti connessi di cui alla L. 633 del 1941 e successive modificazioni (d’ora innanzi, per brevità, “l.d.a”) – sono soggetti, a seconda dei casi, a diverse forme di deposito.

La summa divisio è tra deposito con efficacia costitutiva e deposito con efficacia dichiarativa: il primo regime opera con riferimento ai diritti di proprietà industriale, il secondo opera con riferimento al diritto d’autore e ai diritti connessi.

2.1 Il deposito con efficacia costitutiva


Analizzando sinteticamente il deposito con efficacia costitutiva, occorre preliminarmente richiamare l’art. 2 del D.lgs 30/2005, come modificato dal D.lgs 131/2010, anche noto come Codice della Proprietà Industriale (d’ora innanzi, per brevità, “c.p.i.”). La suddetta disposizione, infatti, prevede espressamente che:

I diritti di proprietà industriale si acquistano mediante brevettazione, mediante registrazione o negli altri modi previsti dal presente codice. La brevettazione e la registrazione danno luogo ai titoli di proprietà industriale.

Sono oggetto di brevettazione le invenzioni, i modelli di utilità, le nuove varietà vegetali.

Sono oggetto di registrazione i marchi, i disegni e modelli, le topografie dei prodotti a semiconduttori.

Ne consegue che, ai sensi dell’art. 2 c.p.i., i diritti di proprietà industriale sorgono per effetto della brevettazione o della registrazione (a seconda della tipologia di diritto considerato) che costituiscono l’esito finale di un procedimento che si avvia necessariamente con il deposito di una domanda, rispettivamente, di brevettazione o registrazione, in assenza della quale non potranno, quindi, sorgere i relativi diritti esclusivi.

La data di deposito della domanda in questione assume, poi, rilevanza, ai nostri fini, proprio in considerazione del fatto che le disposizioni del c.p.i. dettate con riferimento ad ogni diritto di proprietà industriale prevedono che gli effetti della registrazione decorrono dal momento del deposito della relativa domanda.

Ad esempio, in materia di marchi, l’art. 15 c.p.i., per quanto qui interessa, prevede espressamente che gli effetti della prima registrazione decorrono dalla data di deposito della domanda.

Alla luce di quanto sopra, ne consegue che, con riferimento ai diritti di proprietà industriale il deposito della domanda ha, quindi, efficacia costitutiva, in quanto consiste in una formalità necessaria per la nascita dei relativi diritti.

2.2 Il deposito con efficacia dichiarativa


La seconda forma di deposito, qui definita deposito con efficacia dichiarativa, è prevista dall’art. 103 l.d.a, istitutivo dei registri di pubblicità in materia di diritto d’autore che sono oggi suddivisi nel:

a) Registro pubblico generale delle opere protette istituito presso il Ministero per i beni e le attività culturali;

b) Registro pubblico speciale per la opere cinematografiche ed audiovisive istituito presso la S.I.A.E.;

c) Registro pubblico speciale per i programmi per elaboratore istituito, anch’esso, presso la S.I.A.E.

L’art. 103, V° comma, prevede espressamente che la registrazione fa fede fino a prova contraria dell’esistenza dell’opera e del fatto della sua pubblicazione. Gli autori e produttori indicati nel registro sono reputati, sino a prova contraria, autori o produttori delle opere che sono loro attribuite.

Si tratta, quindi, di una mera efficacia dichiarativa, come anche affermato dalla giurisprudenza prevalente. Giova, infatti, ricordare che nel nostro ordinamento il titolo originario di acquisto del diritto d’autore è, infatti, costituito dalla creazione dell’opera ai sensi dell’art. 6 l.d.a, per cui, secondo quanto disposto dal successivo art. 106 l.d.a, l’omissione del deposito – che costituisce comunque un obbligo – non pregiudica l’acquisto e l’esercizio del diritto d’autore sulle opere protette, anche se può dar luogo a sanzioni amministrative.

La reale funzione del deposito ex art. 103 l.d.a. è, quindi, esclusivamente probatoria. Alla luce dell’art. 103, V° comma sopra richiamato, si ritiene che le registrazioni creino una presunzione iuris tantum di paternità a favore del depositante o di chi sia indicato come tale, secondo l’impostazione condivisa di dottrina e giurisprudenza.



Va, poi, precisato che, in particolare, l’iscrizione nel pubblico registro cinematografico costituisce, altresì, condizione necessaria per accedere al sistema di premi previsti dalla normativa a favore della cinematografia

Giova, tuttavia, precisare che le forme di cui all’art. 103 l.d.a., sono applicabili esclusivamente alle opere dell’ingegno già pubblicate, tenuto conto che l’art. 103, III° e IV° comma, fa espresso riferimento alla data della pubblicazione.

Per le opere dell’ingegno non ancora pubblicate, esiste presso la S.I.A.E., il servizio di deposito delle opere inedite presso la sezione OLAF come previsto dall’art. 75 b del suo regolamento generale.

Questo deposito, la cui durata è attualmente di cinque anni, ha carattere privato e facoltativo ed ha unicamente la funzione di precostituire a favore del depositante una prova di esistenza dell’opera alla data del deposito stesso. Si ritiene che tale principio di prova sull’esistenza e, quindi, sulla paternità possa essere fatto valere anche in giudizio, ma non è, comunque, idoneo a dimostrare l’effettiva titolarità dei diritti di utilizzazione economica dell’opera in capo ai depositanti, non generando, quindi, a favore di questi ultimi la presunzione iuris tantum di paternità prevista dall’art. 103 l.a., con espresso riferimento alle opere già pubblicate.

Per gentile concessione del dott. Roberto Alma (consulente presso lo Studio Legale Alma)


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