giovedì 7 marzo 2013

Cronache del 7 Marzo 2013

Microsoft condannata per la seconda volta riguardo alla storia del ballot screen. Nel corso del 2011, precisamente tra Maggio e Luglio, chi aveva installato sul proprio computer il sistema operativo Windows Seven con Service Pack 1 poteva navigare su Internet con il browser predefinito, ovvero il famoso Internet Explorer, arrivato ultimamente alla versione 10.
La Commissione Europea ha ufficializzato la multa in 561 milioni di euro, che MS dovrà pagare all'Unione Europea in base alla violazione dell'accordo stipulato precedentemente, accordo che prevedeva l'implementazione di un "ballot screen" che consentisse all'utente di scegliersi un browser (quelli attualmente disponibili sul mercato, quindi Chrome, Opera, Firefox, Safari oltre al classico Explorer).
La Commissione, in particolare, ha quantificato che 15 milioni di utenti Windows non sono passati attraverso il ballot screen, quindi "gli obblighi legalmente vincolanti decisi nei procedimenti antitrust giocano un ruolo importantissimo nella nostra politica di applicazione della legge perché ci permettono di trovare soluzioni rapide ai problemi della concorrenza. Spero che la vicenda spinga le aziende a pensarci due volte prima di valutare l'infrazione dei loro obblighi internazionali", ha dichiarato il vice-presidente della Commissione Joaquín Almunia. Microsoft riconosce l'errore, e l'obbligo formale di includere questo meccanismo di scelta scade nel 2014.



Dotcom è sempre alla ricerca di vendetta, e dopo il colpo burocratico del giudice Kiwi Helen Winkelmann ha messo a segno un altro interessante punto: il Giant Guy potrà denunciare l'agenzia di intelligence neozelandese , la Government Communication Security Bureau (GCSB), che a quanto pare lo avrebbe spiato negli scorsi mesi: secondo la vigente legge in nuova Zelanda i cittadini non dovrebbero essere sorvegliati dalle autorità governative senza un serio motivo, e il founder di Mega è ormai un cittadino neozelandese a tutti gli effetti. Attualmente il suo avvocato Ira Rothken sta vagliando il caso senza l'accesso al materiale raccolto nelle intercettazione, e il suo cliente potrebbe richiedere un risarcimento danni durante il processo per la sua estradizione.



24 ore di sospensione, così hanno deciso i vertici di Facebook nei confronti della pagina del museo francese Jeu de Paume, i cui curatori si sono leggermente contrariati. Il motivo scatenante della sospensione dell'account è la fotografia di nudo artistico - donna distesa a seno nudo - scattata dall'artista Laure Albin Guillot, in occasione della promozione di una retrospettiva. L'immagine stone con lo Statement of  Rights and Responsabilities del sito in blu, in sostanza troppo esplicita.
Nulla di pornografico in queste immagini - si legge in un sintetico comunicato - Crediamo che questi nudi abbiano invece un alto valore artistico" commentano i curatori del museo, collocato nel centro di Parigi. La notizia sembra divertente e curiosa, in realtà ci sono discussioni nel Parlamento Europeo che  cercano di porre dei limiti alla trasmissione di materiale pornografico sul web, e in un'eventuale futuro toccherebbe ai gestori delle piattaforme (in questo caso Facebook) il ruolo di "controllore e censore":
ovviamente un nudo d'artista non dovrebbe essere catalogato come semplice "materiale pornografico".





ultime da Wellington

Alla fine Dotcom tornò, con la sua piattaforma "MEGA" che risorge dagli antichi fasti del passato di MEGAUpload.
Ormai è passato un anno dall'operazione stile "Apocalipse Now" in cui gli Stati Uniti, in collaborazione con la locale polizia neozelandese, mise sotto scatto (nel vero senso del termine), il tipo tedesco e tutto il suo mondo: dai server di Carpathia fino alla villa personale. Tutti i dati contenuti nei server MegaUpload furono sequestrati, con rammarico di chi aveva riposto i propri dati in buonafede, soprattutto materiale didattico o semplici file personali.
In fin dei conti, MegaUpload rappresentava la prima vera piattaforma di file sharing testata e "a prova di bomba" dell'intera rete.

Tralasciando tutto quello che è successo in un anno, ci sono operazioni legali in corso a Wellington, tutto gioca sull'estradizione di Dotcom (the giant guy), il co-founder di MegaUpload Mathias Ortmann, Finn Batato e Braw van der Kolk. Tutti assistiti dall'avvocato Ira Rothken, e proprio da un anno c'è un tira e molla per quanto riguarda i documenti e i file raccolti dal Boreau statunitense che condusse l'attacco lo scorso Gennaio. Precisamente quei documenti che l'accusa dovrebbe fornire alla difesa affinchè quest'ultima possa preparare una difesa adeguata per i suoi assistiti. Inizialmente il giudice neozelandese Helen Winkelmann rifiutò la richiesta della difesa nell'avere accesso a questi file, richiesta che venne accolta a maggio dal giudice David Harvey: gli Stati Uniti, quindi, dovevano fornire questa documentazione.

E' spuntato un altro piccolo problema: l'accusa si può rifiutare di fornire questa documentazione poichè non è obbligata, proprio perchè non c'è un reale processo in corso. Eh? nessun processo? Già, proprio così: secondo la burocrazia locale la richiesta d'estrazione non ha il "peso giuridico" di un vero e proprio processo, quindi non se ne fa nulla. Insomma, questa puntata finisce con il Giant Guy che annuncia il ricorso alla corte suprema neozelandese.