giovedì 24 maggio 2012

occhio alla Borsa!

cara Facebook, non era proprio il matrimonio in borsa che ti aspettavi.
L'evento informatico-mondano che ha tenuto gli investitori (e i programmatori) con il fiato sospeso è stato il momento in cui Zuckerberg risuonava la campana, ufficializzando così l'entrata in Borsa del Social Network più amato dai teenagers, più odiato dagli attivisti per la privacy, più o meno incuriosito filosofi e sociologi e con cui le start-up informatiche hanno trovato un mercato totale da colonizzare.

Purtroppo, come scrivevo sopra, attualmente non è tutta rose e fiori poiché ieri sono state formalizzate tre class-action (azioni legali collettive) contro l'azienda blu e contro le banche che hanno aiutato a formalizzare l'entrata a Wall street, nello specifico Morgan Stanley,e che la consigliarono ai propri investitori: infatti l'accusa sembra riguardante "il modo" in cui venissero fornite questi tipi di analisi, visto che secondo i promotori della class action vi era una sorta di clientela selezionata che usufruisse dei reali pareri degli analisti di Morgan Stanley.
Inoltre, pare che c'erano parecchi malumori rivolti contro la MS per via di problemi tecnici che hanno accompagnato quella giornata rallentandone le contrattazioni.




Facebook inizialmente valeva 38 dollari per azioni, ma la giornata di ieri vedeva quotata un'azione per 31 dollari: una differenza da poco per i profani ma poco rassicurante per gli addetti ai lavori proprio per la perdita complessiva di 20 miliardi di dollari, con la quotazione in chiusura che stentava un -18% sul valore complessivo di collocamento rispetto ai massimi raggiunti con 45 dollari ad azione (venerdi pomeriggio scorso).

Un grido dalla Russia l'avrà buttato l'oligarca russo Alisher Usmanov, che controlla il 5,5% delle azioni complessive dell'azienda di Palo Alto e che si è visto svanire 300 milioni di rubli. Non tutto è perduto, tuttavia, visto che il suo patrimonio complessivo vanta 20 miliardi e controlla il motore di ricerca russo Mail.ru (che detiene a sua volta il 2,3% di BigF).

Insomma, per l'azienda la risposta ufficiale è che queste azioni legali non hanno fondamenti reali. Stessa risposta data ad un'altra class action, avviata all'inizio di Maggio che vedeva imputata l'azienda di intercettare e di rivendere le informazioni degli utenti nel mercato dell'advertising: in questo caso sarà un giudice di San Josè a decidere se tutto questo abbia un senso o meno.
Intanto, auguri di buon matrimonio.

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